IL TEMA
Nell'ultimo decennio l'industria alimentare italiana ha raggiunto risultati di grande rilievo. Le imprese hanno consolidato la propria posizione sul mercato nazionale e il made in Italy alimentare è diventato un paradigma ormai riconosciuto a livello internazionale per varietà e qualità. Ci troviamo di fronte ad un successo per molti versi eclatante ma che presenta ampi spazi di consolidamento.
Sul mercato interno le imprese italiane hanno oggi opportunità solo in parte sfruttate in rapporto alla progressiva focalizzazione delle grandi multinazionali del food su prodotti che possano essere proposti a scala globale.
È sui mercati globali infatti che vanno sempre più ricercate opportunità di business.
Le imprese stanno abbandonando produzioni che richiedono un adattamento locale non più coerente con strutture organizzative ridefinite e ripensate per produzioni 'globali' ma che allontanano sempre più il prodotto da quelle specificità caratterizzanti che ne costituiscono il valore intrinseco.
Se consideriamo l'uscita di grandi gruppi dal mondo alimentare ma anche l'innovazione che negli ultimi anni le imprese in questo segmento sono state capaci di generare, ci rendiamo conto che il mercato può liberare spazi rilevanti per chi si dimostra in grado di offrire prodotti alimentari ridefiniti rispetto ai loro legami con il territorio, perseguendo, come sta avvenendo, per esempio nell'olio di oliva, la ricerca di una proposizione, anche a livello globale, sempre più sofisticata e caratterizzante.
Sul mercato internazionale la penetrazione del made in Italy alimentare è iniziata, ma sono evidenti alcuni problemi che possono essere riassunti nella diffusione del cosiddetto Italian sounding. Comportamenti opportunistici, e in taluni casi illegali, da parte di operatori esteri (e in qualche caso anche nazionali), dimostrano quanto ampie possano essere le opportunità ancora da sfruttare. Laddove non ci siano queste capacità, si faranno avanti operatori che, intuita le potenzialità di alcuni prodotti, saranno capaci di proporli, snaturandoli delle loro caratteristiche e peculiarità (qui entra in gioco l'aspetto illegale) sui mercati globali.
L'impresa alimentare è chiamata oggi a valorizzare i prodotti del nostro territorio e, al contempo, dotarsi di strumenti che le consentano di proporli sui mercati internazionali. E in questo delicato passaggio è la cultura di prodotto a far la differenza. Cultura di prodotto significa anche capacità di distinguere la qualità da ciò non lo è. Rispetto a questo ambito gli operatori italiani hanno una grande responsabilità: sono chiamati a migliorare la capacità di scelta nei consumatori di altri paesi, indirizzando le loro scelte verso prodotti di qualità e rappresentativi dell'identità del nostro territorio. Questo obiettivo è però raggiungibile solo stringendo partnership con operatori, anche della distribuzione, in grado di veicolare non solo il prodotto in sé ma, ancor di più, l'identità culturale di cui i prodotti stessi sono portatori.
Solo così le eccellenze hanno la possibilità di imporsi sui mercati. In questo senso le aziende del settore alimentare sono chiamate a raccogliere una sfida importante per garantire la sopravvivenza di prodotti altrimenti destinati a scomparire, mantenere viva l'industria del settore e, da ultimo, farsi interpreti e portatori di una cultura che è il riflesso di tradizioni millenarie
PARMA - Martedì, 5 Giungo 2012